Premi Ashden.

Ecologia e tutela ambientale di Marco Zibetti
Sono stati assegnati a Londra i premi Ashden Awards per l’energia verde

I prestigiosi Ashden Awards, i premi per l’energia verde, sono stati recentemente assegnati a Londra.

La giuria, presieduta dalla premio Nobel Wangari Maathai, ha dato il primo premio da 40.000 sterline alla Technology Informatics Design Endeavour (Tide) per il suo progetto rivolto alle piccole imprese, e alle case, del sud dell’India che, attualmente, dipendono dal legname come combustibile, con conseguente inquinamento e deforestazione, cattive condizioni di lavoro e vita, dovute spesso al cattivo “design” di caldaie e forni.

La Tide commercializza cucine, forni e impianti che utilizzano il 30% del combustibile con la stessa resa e già oggi 110 mila lavoratori beneficiano di condizioni migliori grazie a 10 mila impianti forniti.

Il premio “Outstanding Achievement”, invece, è stato assegnato alla Grameen Shakti del Bangladesh per aver installato 160 mila impianti solari donestici e 8 mila nuovi pannelli al mese. L’impresa del Bangladesh aveva gia vinto il premio Ashden Award nel 2006 per le sue cucine ad alta efficienza energetica, e impianti domestici a biogas per produrre energia pulita.

«I candidati di quest’anno – ha detto Sarah Butler-Sloss, fondatrice e presidente degli Ashden Awards for Sustainable Energy – dimostrano come da tecnologia ed energia sostenibile possano trarre beneficio imprese ed ambiente ad allo stesso tempo migliorare notevolmente la vita delle persone. Essi dimostrano come queste tecnologie possano essere accessibili e sviluppabili. Ci mostrano il nostro futuro». Sei altri progetti hanno ricevuto un premio da 20.000 sterline: .

Per il Brasile, la Cooperativa regional de eletrificação rural do Alto Uruguai (Creral), che utilizza il mini-idroelettrico per aumentare il rifornimento della rete elettrica locale sottoposta a frequenti interruzioni, al posto di acquistare energia prodotta da fonti fossili per il consumo delle aziende agricole nel sud del Brasile.
Per la Cina, il Renewable energy development Project, avviato nel 2001 per promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici familiari nelle province occidentali della Cina, migliorare la qualità dei pannelli solari e dei pezzi di ricambio e fornire gratuitamente informazioni sul fotovoltaico e facilitare la cooperazione internazionale in questo settore. Il progetto ha consentito di installare ben 402 mila impianti fotovoltaici in aree rurali fornendo energia elettrica pulita a 1,6 milioni di persone.

Per l’Etiopia, Gaia Association che fornisce fornelli da cucina ad etanolo puliti e sicuri a 17 mila i rifugiati somali del campo profughi di Kebribeyah, che prima dipendevano dalla legna. Cosi le donne di migliaia di famiglie non sono costrette a passare molte ore alla ricerca di legna per cucinare al di fuori dal campo, dove erano spesso attaccate e subivano violenza, evitando così anche un’intensa deforestazione. L’etanolo è un sottoprodotto dell’industria locale dello zucchero che prima causa inquinamento.

Ancora per l’India, la Aryavart Gramin Bank che aiuta i propri clienti ad acquistare impianti solari fotovoltaici nell’Uttar Pradesh per controbilanciare il precario rifornimento della rete elettrica o come alternativa per chi non ha proprio accesso all’elettricità. Finora, attraverso i 20.100 prestiti agevolati, sono già stati 10.000 impianti fotovoltaici domestici.

Per la Tanzania, Kisangani Smith Group, per il lavoro volontario svolto per rifornire di impianti a biomasse efficienti le piccole imprese metallurgiche locali nella regione di Njombe, sostituendo il legname con residui agricoli combustibili, oltre 3.500 forni che hanno evitato l’aumento della deforestazione.

Per l’Uganda, Fruits of the Nile, un’impresa del sud del Paese africano che aiuta i piccoli agricoltori ad usare l’energia solare per seccare la frutta da esportare prodotta in eccesso. Fruits of the Nile, un’impresa del sud del Paese africano che aiuta i piccoli agricoltori ad usare l’energia solare per seccare la frutta da esportare prodotta in eccesso. Fruits of the Nile produce ed esporta circa 120 tonnellate di banane ed ananas secchi nella sua fabbrica di Njeru. La frutta fresca in eccesso viene lavorata in essiccatori solari da 120 gruppi di produttori di aree rurali che acquistano la frutta da 800 agricoltori e danno lavoro a circa 500 persone. Fruits of the Nile opera all’interno del commercio equo-solidale (fair trade) e monitora rigorosamente la qualità dei prodotti, esigendo che siano biologici. Sono anche stati attribuiti quattro premi nazionali Ashden a progetti britannici innovativi nel campo dell’energia sostenibile, a scuole, enti pubblici ed Ong.


Questo sito utilizza i cookies per offrirti un'esperienza di navigazione migliore. Usando il nostro servizio accetti l'impiego di cookie in accordo con la nostra cookie policy.