Prevenzione sismica: è in arrivo un Piano Nazionale

di Marco Zibetti
La prevenzione sismica “rimane una priorità, dal governo nazionale fino alle amministrazioni locali”, ha dichiarato Musumeci presentando il Piano

È andata in scena nei giorni scorsi la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica,  organizzata da Fondazione Inarcassa, dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. È intervenuto il Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, Nello Musumeci, che ha annunciato un apposito Piano Nazionale. Scopriamo di più.
“Durerà almeno 10 anni, con un primo stanziamento da 250 milioni di euro - ha detto il Ministro -. La prevenzione strutturale rimane una priorità a qualsiasi livello, dal governo nazionale fino alle amministrazioni locali. Per poter avviare un percorso virtuoso oggi annunciamo il piano nazionale per la prevenzione sismica, un programma che parte con la dotazione di 250 milioni di euro, destinato a durare almeno 10 anni, con l’obiettivo di replicare questa cifra ogni anno. Privilegiamo le zone particolarmente a rischio e naturalmente le infrastrutture pubbliche, perché dobbiamo cominciare dalle scuole, dagli edifici ospedalieri, dalle strutture particolarmente strategiche soprattutto in caso di calamità. E per gli edifici privati, chiediamo l’intervento dell’UE”.  

L’analisi: gli effetti secondari dei terremoti

Durante l’evento è stato presentato uno studio sui costi indiretti dei sismi. L’analisi ha preso in esame 3 terremoti distruttivi (Valle del Belice, Friuli Venezia Giulia e Irpinia) e per ciascuno ha analizzato 4 parametri: effetti sul PIL, sull’occupazione, sulla demografia e sui beni culturali. Quello che emerge è che le ferite aperte dai sismi vanno ben oltre i danni riscontrabili nell’immediato, ma si insinuano nel tessuto economico dei territori penalizzandone la crescita per gli anni a venire. Ad esempio, l’analisi mostra come il PIL dei Comuni colpiti dagli eventi sia in calo per tutte le zone, Belice -2,8% e Irpinia -12%. Situazione diversa per il Friuli, dove l’effetto di ammodernamento della ricostruzione, il cosidetto “building back better”, consentì il passaggio da un’economia agricola a un’economia industriale, con un conseguente aumento del PIL del 20%. Ma non solo, guardando il tasso di disoccupazione vediamo che nel Belice e in Irpinia è arrivato rispettivamente a 25,50% e 27,30%, ben oltre la media italiana, oggi stimata al 5,8% (fatta eccezione per il Friuli che si attesta su 4,6%). Per quanto riguarda lo spopolamento, la presenza della popolazione residente è arrivata a toccare nel Belice un -10% e in Irpinia un -8,6%. Infine sulla perdita dei beni culturali, si registrano percentuali altissime, 100% nel Belice e 70% in Irpinia. E secondo una stima presentata durante l’evento, oggi in Italia sono circa 18 milioni gli immobili a uso residenziale a rischio sismico e che necessiterebbero di interventi immediati, una grande opera di manutenzione straordinaria che richiederebbe una spesa di 219 miliardi di euro, tenendo conto delle diverse aliquote a seconda del rischio sismico e delle agevolazioni del Sismabonus. Servirebbero, quindi, poco più di 7 miliardi di euro all’anno per 30 anni per mettere in sicurezza il nostro patrimonio immobiliare e per mitigare il rischio degli effetti secondari che un evento sismico potrebbe portare con sé.


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