Al via un tavolo congiunto tra le professioni dell'area tecnica in materia di lavori pubblici. I Consigli nazionali di agrotecnici, architetti-pianificatori-paesaggisti-conservatori, dottori agronomi e forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali, hanno appena istituito un gruppo di lavoro finalizzato a portare all'attenzione di Governo e Parlamento proposte concrete utili al rilancio dei lavori pubblici, offrendo nuove opportunità di lavoro ai professionisti, alle imprese e al grande indotto del settore.
Diverse le questioni sul tappeto. La prima è quella relativa alle regole per l'accesso al mercato dei Lavori Pubblici. Secondo le disposizioni dell'art. 263 del Regolamento di attuazione del Codice dei Contratti, l'accesso alle gare per l'affidamento di servizi di architettura e ingegneria è subordinato al fatturato che il concorrente ha maturato negli ultimi cinque anni e al numero di dipendenti o collaboratori stabili di cui lo stesso professionista ha fruito negli ultimi tre anni. Questo vincolo sbarra, di fatto ed inesorabilmente la strada di accesso al mercato dei lavori pubblici ai giovani e comunque a tutti quei professionisti dell'area tecnica che non siano titolari di strutture professionali di notevoli dimensioni.
"Per comprendere meglio il fenomeno - sottolineano i presidenti degli otto Consigli nazionali - basta osservare i dati ricavati dal monitoraggio dell'Agenzia delle entrate per l'applicazione degli studi di settore: i numeri mostrano infatti che, pur comprendendo le società di ingegneria, solo il 2,73% dei contribuenti esaminati sono in possesso di una struttura professionale con un numero di collaboratori (addetti) superiore a 5. Questi dati, considerato che quasi tutti i bandi pubblicati sul territorio nazionale impongono un numero di addetti superiore a cinque, delineano un mercato dei lavori pubblici sempre più riservato ad un numero estremamente limitato di soggetti e chiuso al 97,27% dei professionisti italiani".
Gli otto Consigli nazionali delle professioni tecniche hanno già chiesto un immediato intervento dell'Autorità del Garante della Concorrenza per rimuovere tale dispositivo, che genera una notevole distorsione delle regole del mercato e della libera concorrenza.