I cantieri italiani hanno riaperto i battenti. Hanno dovuto rispettare il “Protocollo d’intesa per la salute e la sicurezza nei cantieri edili”, pubblicato il 24 aprile 2020 dal Ministero delle Infrastrutture. Questo introduceincombenze non dovute a carico dei professionistiabilitati a svolgere la funzione di coordinatori della sicurezza (CSP e CSE) ai sensi del Titolo IV del D.Lgs. 81/2008, rappresentati dalla Rete Professioni Tecniche, essendo in gran parte professionisti tecnici.
A questo proposito, la RPT ha inviato una Notaal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, esprimendo il disappunto per il fatto che, a differenza di quanto avvenuto in tantissime altre occasioni, essa non sia stata minimamente consultata nell’elaborazione del Protocollo, per cui è mancata la partecipazione dei professionisti tecnici alla stesura di un testo di estrema importanza, in quanto interessa fortemente la sicurezza dei lavoratori e l’attività dei tecnici preposti alle funzioni citate e le relative responsabilità.
Le critiche della Rete Professioni Tecniche al Protocollo
Entrando nel merito del contenuto del Protocollo, suscitano particolare attenzione alcuni aspetti che contrastano con il panorama normativo e giuridico consolidato nel mondo della sicurezza nei luoghi di lavoro e che riguardano sia nuove funzioni introdotte per il coordinatore, attribuendogli competenze e responsabilità non previste dalla normativa vigente, sia alcune imprecisioni che possono creare confusione nelle attività di controllo.
In particolare, nella premessa si legge “…i committenti, attraverso i coordinatori per la sicurezza, vigilano affinché nei cantieri siano adottate le misure di sicurezza anticontagio”. Com’è noto, la funzione del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione assume i compiti di “alta vigilanza”; infatti, l’obbligo di vigilare sull’operato dei lavoratori è affidato, com’è ovvio, al datore di lavoro, al dirigente ed al preposto. Pertanto, tale previsione è in contrasto con le norme vigenti.
Inoltre, al punto 5 del Protocollo, ovvero misure relative ai “Dispositivi di Protezione Individuale”, si riporta che “il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, con il coinvolgimento del RLS o, ove non presente, del RLST, adegua la progettazione del cantiere alle misure contenute nel presente protocollo, assicurandone la concreta attuazione”. Tale indirizzo è inapplicabile per ovvi motivi, in quanto il documento elaborato dal CSP è un documento di progetto, e non riguarda la fase di apertura del cantiere, per cui non vi è ancora l’appaltatore né l’RLS.
Infine, la previsione, sempre introdotta nel Protocollo, per cui sarebbe necessario che il PSC sia adeguato con il coinvolgimento del RLS, appare inutile, ma foriera di confusione di ruoli, in quanto il datore di lavoro nella predisposizione del Protocollo delle misure anticontagio e già in precedenza del Piano Operativo della Sicurezza è tenuto a “consultare preventivamente e tempestivamente il RLS/RLST”. E’ questa, e soltanto questa, la sede utile e logica per la partecipazione del RLS.
Sulla materia trattata, la Rete ed i Consigli nazionali aderenti hanno prodotto nel tempo innumerevoli documenti e collaborano regolarmente con le Istituzioni deputate ai controlli, assicurando anche, per legge, i corsi di formazione e di aggiornamento professionale dei propri iscritti. Con l’occasione la RPT ribadisce di assicurare la massima disponibilità a collaborare col Ministero per la rivisitazione del Protocollo alla luce delle considerazioni esposte, ma soprattutto dell’esperienza e conoscenza delle esigenze di sicurezza nei cantieri edili.