La crisi economica che stiamo vivendo è una delle maggiori della storia. Come quella del 1929, forse addirittura peggiore, ma con tutte quelle del passato, dalla crisi “dei bulbi di tulipano” del 1636, al crollo delle città stato rinascimentali italiane, ha un punto in comune: sono crisi finanziarie che colpiscono il cuore economico e politico dell’epoca e cambiano- sottolinea il Cresme nel suo rapporto congiunturale “Il mercato delle costruzioni nel 2010 il modello economico del tempo, ridefinendo i contenuti e i ruoli e riconfigurando le gerarchie dei mercati". Di più, questa crisi ha il fatto di essere la prima nella storia su scala planetaria.
Il settore delle costruzioni, uno dei cardini dell’economia moderna non poteva non essere travolto dal cambiamento: così il Cresme ha dovuto rivedere al ribasso la stima per il 2009 relativa al calo degli investimenti nel settore in Italia.
Non più “solo” –5,7% ma ben –10,1%.
Il settore delle costruzioni già da un po’ di tempo evidenziava segnali di difficoltà, dopo il boom dei primi anni 2000, ma la crisi internazionale ha provocato una discesa tanto rapida da poter essere definita, senza esagerazione crollo.
La grave crisi del 1992-1994 aveva portato una riduzione della produzione “solo” del 10%. Anche gli investimenti soffrono moltissimo: calcolando che nel 2010 ci sarà un calo del 2,8% la riduzione complessiva nel quadriennio 2007-2010 toccherà il 18%.
Insomma, con il 2010 si chiude un ciclo edilizio, il sesto dal secondo dopoguerra e se ne avvia un altro. Difficile dire come sarà, ma alcune linee guida, secondo il Cresme si possono individuare già adesso: intanto secondo i ricercatori guidati da Lorenzo Bellicini, la ripresa vera del settore costruzioni non arriverà nel 2010 ma nel 2011.
L’anno prossimo, sarà quello della resa dei conti, sia in termini di capacità competitive delle aziende che in termini occupazionali. Ma, soprattutto, le imprese italiane dovranno tenere conto del fatto che la ripresa non ripartirà dalle economie avanzate: al contrario lo scenario che sembra più realistico vede le economie emergenti trainare la ripresa di quelle avanzate. I protagonisti quindi non saranno qui in Europa, ma parleranno cinese (Pil in crescita dell’8,5% nel 2009) e indiano (+5,4%).
A questi due motori, si affiancheranno Medio Oriente, anche se la crisi di Dubai fa capire che esistono ancora focolari di crisi che possono mettere in difficoltà alcuni mercati, Africa ed il resto dell’Asia, che dovrebbero registrareincrementi del Pil attorno al 4%
Chi sa cogliere l’estero e questo processo di sviluppo, infrastrutturazione e industrializzazione , secondo il Cresme ha già, in tempo di crisi, una marcia in più.
I general contractor italiani, che nel 2009 nonostante la crisi mostrano bilanci positivi, hanno già colto questi segnali.
Il Cresme analizza in dettaglio i paesi del Nord Africa affacciati sul Mediterraneo. Quest’area sta vivendo un vero e proprio boom del settore, sostenuto dalle buone performance economiche e dai grandi progetti infrastrutturali. Le costruzioni sono cresciute tra il 2000 e il 2008 ad un tasso medio del 7% arrivando a valere 43 milirdi di euro. Anche nel 2009, la crescita raggiungerà il 5% nonostante qualche rallentamento del residenziale in Egitto e del non residenziale in Libia. I grandi progetti infrastrutturali sono una grande opportunità per le imprese italiane.
Chi invece per vocazione o necessità continuerà a misurarsi soprattutto con il mercato locale non dovrà aspettarsi, nel 2010, miracoli dai Piani Casa regionali: la partita in questo campo si giocherà nel 2011 e nei due anni successivi. Il potenziale economico complessivo dei Piani Casa è valutabile attorno ai 62 miliardi di euro, ma il Cresme stima che per varie ragioni, ne saranno, alla fine, messi in moto la metà, circa 31 miliardi. In ogni caso una manovra significativa che avrà effetti sulla ripresa. Difficile invece valutare i riflessi dello scudo fiscale.
Il comparto residenziale quindi ritornerà a crescere dal 2012, e ne beneficeranno soprattutto le piccole imprese e ilmondo dei progettisti. Per il non residenziale molto dipenderà dall’entità della ripresa economica,e in parte dagli effetti di quei Piani Casa regionali che hanno allargato al non residenziale il provvedimento. Sul fronte delle opere pubbliche infine continuerà la scelta politica di privilegiare le grandi opere sopra i 100 milioni di euro a scapito di quelle più piccole.
Queste ultime sono destinate a calare ancora, in termini di numero assoluto e di cifre impegnate, se gli enti locali non avranno nuove risorse disponibili. Continuerà, secondo il Cresme, anche il boom del parternariato pubblico-privato che, nel 2009, è cresciuto del 53,6% ed ha raggiunto il 33% degli importi dei bandi di gara.
Infine il prossimo ciclo edilizio sarà caratterizzato da una significativa crescita della riqualificazione del patrimonio esistente, caratterizzata però dalla prevalenza del contenuto tecnologico rispetto all’aspetto estetico.
Anche per questo, le imprese dovranno riposizionarsi e aggiornarsi: non basterà guardare ai mercati emergenti bisognerà anche fare un salto di scala nel know how, nella coscienza e nell’uso delle tecnologie.
In sintesi, secondo il Cresme i driver del cambiamento saranno l’estero, l’innovazione tecnologica, il parternariato pubblico-privato, l’integrazione tra costruzione e servizi, la nuova edilizia sociale la sostenibilità ambientale e un processo di innovazione che ridisegni il modello di offerta edilizia e tipologia insediativa.