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Salva Casa: ecco cosa non piace ai professionisti?

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Salva Casa: ecco cosa non piace ai professionisti?
Secondo architetti e ingegneri, “con il Decreto Salva Casa si continua ad ampliare l’ambito di incertezza interpretativa della norma”. Scopriamo di più

Il Decreto Salva Casa, fortemente voluto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, continua a far discutere. A far sentire la propria voce sono ora i Consigli Nazionali degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, degli Ingegneri e la Fondazione Inarcassa. Vediamo insieme cosa non va nel provvedimento.
“Con il Decreto Salva Casa il Legislatore continua ad ampliare l’ambito di incertezza interpretativa della norma introducendo modifiche parziali finalizzate a snellire aspetti procedurali che di fatto costituiranno misure a regime. Il dichiarato obiettivo di agevolazione della regolarizzazione di piccole difformità dei fabbricati esistenti si traduce in alcuni casi in un affidamento improprio di responsabilità ai tecnici abilitati, architetti e ingegneri liberi professionisti, come già avvenuto con le asseverazioni. Il Decreto, infatti, che consente di regolarizzare le piccole difformità edilizie, prevede che qualora non sia possibile verificare l'epoca di realizzazione di un immobile con la documentazione disponibile probante (catastale, fotografica, ecc.), il tecnico incaricato attesti la data di realizzazione tramite una propria dichiarazione, assumendosi pertanto un carico improprio di responsabilità sulla veridicità di quanto dichiarato, perché in caso di dichiarazione falsa o mendace, si applicano sanzioni penali”. Così una nota firmata dalle tre organizzazioni.

“Eccessivo carico di compiti e responsabilità”

“Se, dunque, da un lato, il provvedimento si propone di legittimare piccole difformità, dall’altro, non possiamo non evidenziare l’eccessivo carico di compiti e responsabilità a carico dei professionisti. Un contesto certamente non più sostenibile. Il Professionista, insomma, diventa sempre più il tappabuchi delle inefficienze altrui. Nel caso specifico, però, la norma richiede una prestazione impossibile o quasi. Infatti, anche le più moderne tecniche non consentono di stabilire con certezza l’età di realizzazione del manufatto. Pretendere, pertanto, che il Professionista attesti, in assenza di documentazione disponibile, non già l’epoca, ma addirittura la data di realizzazione, è assolutamente irragionevole e sanzionare penalmente tale esercizio lo è ancora di più.
Laddove, inoltre, il decreto dichiara che l’applicazione delle tolleranze costruttive non può comportare limitazione ai diritti di terzi, il tecnico è tenuto alla verifica della sussistenza di possibili limitazioni a tali diritti, alla loro eliminazione ed alla dichiarazione di conformità con piena assunzione di responsabilità a fronte di materia di diritti giuridici che possono in parte esulare dalle competenze professionali tecniche. Si ritiene che anche in questo caso si tratti di un affidamento improprio.
Non può essere considerata semplificazione il ricorso all’attestazione del Professionista in presenza di incertezze interpretative della norma: il ricorso all’attestazione può configurarsi come semplificazione procedurale in presenza di documentazione probante e chiarezza normativa.
Per questo motivo - concludono CNAPPC, CNI e Fondazione Inarcassa - abbiamo chiesto e chiediamo al Legislatore di apportare, nel corso dell’iter di approvazione una opportuna modifica stralciando tale previsione normativa, quantomeno nella parte delle sanzioni penali”.


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