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Sicurezza energetica: “Il Ministro Cingolani sta sbagliando”

Energie rinnovabili di
Sicurezza energetica: “Il Ministro Cingolani sta sbagliando”
Dura presa di posizione degli ambientalisti contro l’operato del Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in materia di sicurezza energetica

In questo momento, tra i principali obiettivi italiani c’è quello di garantire al Paese una sicurezza energetica basata su una maggiore indipendenza. Ma secondo Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia, la direzione presa è quella sbagliata. Scopriamo perché.

Le associazioni in questione fanno notare come il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, cominci sempre dai fossili, fingendo di ignorare che la crisi climatica ne impone il progressivo abbandono, mentre occorre cominciare dalle fonti rinnovabili, le uniche che davvero garantiscono rapidità di installazione (superate le barriere burocratiche) e vera sicurezza energetica.

La nota congiunta di Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia

Dopo il caro bollette è ora la flessione nell’approvvigionamento del gas russo a fornire la motivazione per una falsa soluzione: non è infatti rivedendo il Pitesai, il Piano strategico per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, o aumentando le estrazioni di gas dal sottosuolo o dai fondali marini italiani che l’Italia riuscirà a raggiungere l’obiettivo. Lo dimostrano i numeri e la storia delle estrazioni nel nostro Paese. Le attuali riserve di gas individuate come certe e pubblicate regolarmente dall’UNMIG, l’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse afferente allo stesso Ministero per la Transizione Ecologica, sono poco meno di 40 miliardi di metri cubi, contro un fabbisogno nazionale annuale di gas fossile, che supera i 70 miliardi. Anche se riuscissimo ad estrarre tutto il gas oggi saremmo indipendenti forse fino alla fine dell’inverno prossimo. E poi? Dove sarebbe l’indipendenza energetica? L’affermazione del Ministro sullo “sbaglio” fatto in questi anni dal Paese in cui si è passati dalla produzione di un 20% di gas nazionale nel 2000 a un 3-4% nel 2020 non tiene conto (o non vuole tenere conto) che la scelta è stata obbligata dal fatto che la maggior parte dei giacimenti si stavano esaurendo e molti pozzi, in questi decenni, sono rimasti inattivi o poco produttivi, permettendo alle compagnie petrolifere di rimandare lo smantellamento delle piattaforme o di continuare a guadagnare, producendo poco e rimanendo sotto la soglia minima che permetteva il non pagamento delle royalties allo Stato.

Lo sbaglio, contestano le associazioni, è invocare l’emergenza solo per aggravare gli errori che ci hanno messo nella situazione attuale e che vanno nella direzione opposta a piani, programmi e accordi messi in campo negli anni a livello globale, accomunati dalla necessità di decarbonizzare l’economia e le attività produttive. Intanto la crisi climatica morde e si aggrava in Italia, dove la siccità sta mettendo oggi in ginocchio intere regioni, e in tutto il Pianeta, e il Ministero della Transizione Ecologica non si è mosso per affrontarla e varare misure per attenuarne l’impatto, nonostante fossero disponibili dati allarmanti sin dall’ottobre scorso. Tantomeno il MITE si sta muovendo in termini di adattamento, ormai si sono perse le tracce del Piano.

I veri interventi da mettere in campo da dubito in campo energetico, anche riprendendo la disponibilità degli operatori, e che invece continuano ad essere ignorati e ostacolati, devono vedere una enorme accelerazione, reale e tangibile e non solo a parole, dello sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dal solare fotovoltaico e dall’eolico, e serie politiche di efficienza energetica nei consumi domestici e nei cicli produttivi.