Il Superbonus 110% è al centro del dibattito, per vari motivi. Nella discussione sono entrati anche gli ambientalisti che hanno avanzato una proposta interessante: si tratterebbe di escludere dalla maxi-detrazione fiscale gli impianti non rinnovabili. Scopriamo i dettagli in un comunicato congiunto di Legambiente e Kyoto Club.
“Nonostante sia oramai chiaro che dobbiamo smetterla di scaldarci con le fonti fossili, come ha recentemente sostenuto anche la Iea nel suo report Net Zero by 2050, il nostro Paese continua a incentivare l’acquisto e l’installazione di sistemi inquinanti e climalteranti, come le caldaie a gas.
La strada che dobbiamo seguire se vogliamo centrare gli obiettivi Ue di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050 è già tracciata: bisogna rimuovere al più presto i sussidi ambientalmente dannosi, diretti ed indiretti, di cui beneficia il settore energetico.
Tra quelli diretti in primis, ci sono gli ecobonus per la sostituzione degli impianti di riscaldamento, che prevedono detrazioni del 50% per gli interventi “normali” e arrivano al 110% per quelli che rientrano nel “superbonus”. Il problema è che le tecnologie non sono tutte uguali, alcune producono emissioni di gas serra(come le caldaie a gas) altre sono pulite e rinnovabili. Per quelle fossili deve essere vietato l’accesso al superbonus, prevedendo la possibilità di accedere alla già generosa detrazione del 50% e per arrivare ad abolire i bonus per impianti a gas a partire dal 1° gennaio 2025”.
Queste, dunque, sono alcune delle proposte che avanzano le due associazioni ambientaliste, promotrici della campagna di sensibilizzazione “Per la decarbonizzazione degli impianti di riscaldamento negli edifici”, il cui scopo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, le aziende e i decisori pubblici, proponendo proposte emendative all’attuale legislazione italiana ed europea.
Sul banco degli imputati ci sono anche le misure di sostegno indiretto ai sistemi inquinanti, come quelle volte a ridurre il prezzo per l’acquisto di gasolio e GPL nelle aree non metanizzate (zone montane, Sardegna e isole minori), che rallentano la diffusione delle rinnovabili termiche. E come l’aliquota IVA agevolata (pari al 10%), destinata ai consumi ad uso civile per il riscaldamento degli edifici, applicata limitatamente ai primi 480 metri cubi di gas consumato nell’anno.
“La nuova proposta di revisione della Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia EPBD, presentata a fine dicembre dalla Commissione UE, propone lo stop a incentivi per le caldaie a gas dal 2027 e l'eliminazione dei combustibili fossili nel riscaldamento entro il 2040. Per tagliare le emissioni del 55% in 8 anni, serve accelerare la dismissione dei sistemi fossili, anticipando al 2025 la scadenza per vietare l’installazione dei sistemi inquinanti, e garantire l'operatività, entro il 2030, di soli impianti senza emissioni climalteranti su tutto il territorio nazionale”. Lo affermano il Direttore di Kyoto Club, Sergio Andreis, e il Vicepresidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, che concludono: “Il Piano nazionale energia e clima approvato dal Governo Conte nel 2020 è oramai obsoleto, visti i nuovi obiettivi Ue. Kyoto Club e Legambiente chiedono alle istituzioni di avviare la revisione quanto prima e di fissare una chiara strategia per la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento attraverso una forte spinta sulle fonti energetiche rinnovabili e sull’efficienza energetica, per rendere possibile la neutralità climatica al 2050”.
I dati dello studio sulla decarbonizzazione
Secondo lo studio “Una strategia per la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici in Italia”, realizzato da Elemens, lo scorso 15 aprile per Legambiente e Kyoto Club, in Italia, il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7% (dati di Ispra).
Secondo il report, il principale vettore energetico impiegato per il riscaldamento residenziale in Italia è il gas naturale (50% dell’energia fornita). Seguono poi le biomasse solide (il 28% del totale), soprattutto legname e cippato, e i prodotti petroliferi (8%), come nel caso delle caldaie a gasolio, ancora presenti in alcune grandi città e nelle aree montane non metanizzate. La cogenerazione pesa sul totale per il 5%, mentre sono marginali le pompe di calore, il riscaldamento elettrico (boiler) e il solare termico (1% del totale). Il report mette in evidenza come oramai siano in commercio tecnologie come le pompe di calore, integrate con impianti da fonti rinnovabili, a emissioni zero competitive e come sia nell’interesse delle famiglie, delle imprese e dell’ambiente abbandonare i sistemi di riscaldamento che utilizzano fonti fossili.