Il dibattito sulla Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità che collegherebbe Torino a Lione, sta infiammando l’Italia. Ma cosa ne pensano gli edili? Il sindacato Feneal Uil fa sentire la propria voce.
“Non siamo certo noi che dobbiamo entrare nel merito dell’ennesima analisi costi-benefici, anche se bisognerebbe far capire agli italiani che parte di quei soldi sono stati già spesi e soprattutto quali conseguenze immediate potrebbe avere la decisione di abbandonare l’opera in questa fase”. A dichiararlo è il Segretario Generale Vito Panzarella, intervenendo sul dibattito relativo al dossier costi-benefici sulla Tav.
“Innanzitutto - spiega Panzarella - il finanziamento europeo di 800 milioni ad essa dedicato andrebbe restituito, vista l’impossibilità di utilizzarlo per altri scopi. Vanno poi considerati i costi per la chiusura dei cantieri esistenti e per la messa in sicurezza degli scavi, oltre a possibili contenziosi con le imprese che hanno già ottenuto l’incarico per i lavori. A ciò vanno aggiunti i costi indiretti, difficilmente quantificabili, in termini di perdita di credibilità dell’Italia, che si prenderebbe così la responsabilità di interrompere un progetto europeo di collegamento dal Portogallo all’Ucraina, con ricadute politico economiche catastrofiche”.
Nella nota il segretario ricorda che alla Tav stanno lavorando quasi 800 persone, 530 impegnate nei cantieri e circa 250 tra società di servizi e ingegneria. “Si prevede durante il picco delle attività che 4.000 persone saranno impegnate direttamente e altre 4.000 nell’indotto. Chi si prenderà la responsabilità di questa decisione sulla vita di centinaia di lavoratori e di imprese? - si chiede il segretario -. E a quali alternative infrastrutturali questo Governo pensa per rispondere all’esigenze delle imprese italiane che basano sulle esportazioni la loro sopravvivenza?”.
Per Panzarella “rendere pubblico sul sito del Mit il dossier costi-benefici, prodotto dagli esperti nominati dal dicastero, più che un’operazione di trasparenza ha il sapore di una provocazione, quella di coinvolgere i cittadini nell’illusoria condivisione delle scelte politiche che invece dovrebbero essere demandate, come in ogni sistema democratico di rappresentanza, alla responsabilità di chi governa”.
“Emerge con altrettanta chiarezza - conclude la nota - la mancanza, nel patto di Governo, di un’idea di sviluppo del Paese e dell’assenza di un piano industriale capace di riagganciare la crescita nel medio lungo periodo. Noi riteniamo indispensabile portare a compimento tutte le opere infrastrutturali già iniziate e garantire quindi il conseguente ammodernamento del Paese partendo dal lavoro. E proprio per questi motivi e per ribadire la centralità del settore costruzioni nella ripresa del Paese scenderemo di nuovo in piazza con Filca e Fillea il prossimo 15 marzo”.